Pubblicazioni sparse - 3



Nella rivista trimestrale “NUOVI ARGOMENTI”, del gennaio- marzo 1990, diretta da Alberto Moravia, Francesca Sanvitale e Enzo Siciliano (Arnoldo Mondadori Editore), compare la seguente lirica della Camillucci:


Le stagnole


Tu hai il suono
di certe caramelle
         dai nomi inglesi
                       /le stagnole d’argento
                                         sono dei mari/
da piegare e ripiegare
                      /così pensavo da bambina
                                          immaginando il mondo/
da piegare e ripiegare
sino all’ultima vocale.
≈ ≈ ≈
Così posso essere
                     Sempresola
                     /da piccola raccoglievo il mondo
                                          dentro stagnole argento -mare/
con lui assente –accanto
                     posso viaggiare
                                           in androni bui
                                           camminare scalza
sempreseduta in un bar.


E’ del 1988 il volume “ LA POESIA NEL FRIULI VENEZIA GIULIA”, monografia, quasi una fotografia o una mappa, dei poeti della nostra regione sino agli anni Ottanta, curata da Gianni Di Fusco (Forum/Quinta generazione, pagg. 204).
 Anche in questa raccolta critica e di versi, tra i quali spiccano i grandi nomi che hanno dato lustro al nostro territorio come Saba, Marin, Pasolini, Cergoly, Naldini, Morandini e tanti altri, c’è la Camillucci, analizzata tra le giovani “promesse” giuliane della poesia. Ma ecco che cosa scrive, tra l’altro, Di Fusco sull’ autrice in questione:
“...La poesia della Camillucci è poesia d’istinto, chiaramente anti-accademica, persino in opposizione a scuole e a imposizioni modali. E’ ritratta a rapidi, incisivi, quasi “fuggitivi” tocchi pittorici, dentro una vivace scenografia d’immagini e di fugaci impressioni. Ogni pagina è un piccolo quadro con sparse, calibrate segnature, con impressi toni ”focali”, come chiavi di lettura. Appaiono quasi scoperti, a volte denunciati, anche se non gridati, un ‘urgenza di dire, e nello stesso tempo un “pudore” di non fari capire, di non farsi cogliere in primordiali abbandoni di lucida pena. E proprio questo “pudore” che sembra affrettare la mano tesa a tracciare rapidi segni dentro “il piccolo quadro”.
Non manca il paesaggio, ma anch’esso è presenza animata, è coreografico prolungamento di un farsi di febbri nascoste, di essere fuori quel tanto che basta a sfiorare le cose. Anche la figura maschile è presenza chiamata in dialoghi amari, in improvvise denunce di un perdersi vano.
Così Daria Camillucci ripete e riprende le piccole verità d’ogni giorno, gli umori di angoli e di strade, di vecchi palazzi, di scordate atmosfere,, e sembra annunciare possibili fughe, sognate intemperanza, sperate rotture. Ma poi si chiude, quasi rassegnata e segnata, la volontà di un vivere a sprazzi, a punteggiare verifiche, come se ogni sforzo di non essere “preda” fosse vietato da un oscuro destino.
La sensazione che più rimane è quella di una poesia che “gioca” sul filo di specchi e di “ombre”, sul vago intermittente presagio di un vivere “nudo”.


Di Fusco nella sua interessante analisi della poesia dell’autrice affronta anche alcuni aspetti biografici e spiega come autori comeFranco Fortini, Serena Foglia, Dacia Maraini, Alberto Moravia e Natalia Ginzburg abbiano dato dei pareri favorevoli sui suoi lavori.


Ecco una delle poesie riportate nella pubblicazione (da “Il Posto delle fragole” - ex manicomio di san Giovanni - Per un amico):


Nella mia stanza c’è l’angolo
                       /gelato frutto di fragola/
e nella testa la giovinezza
                     del muro bianco
                                        quando dici:
gli amici
                    quali amici
                                      non sanno d’esser morti
quando ostinatamente ripetono
                    la vita
livellata del Posto.




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